ADESIONE RECORD ALLE INIZIATIVE PROMOSSE DA AMAMI
Adesione senza precedenti dei medici italiani alle due iniziative lanciate il 13 maggio da AMAMI, l'associazione dei medici ingiustamente accusati di malpractice
Dal Nord al Sud Italia, isole comprese, così come annunciato, i medici non hanno dimesso per protestare contro la perdurante situazione di disagio che opprime la professione medica tra il martello agitato dalla magistratura e l’incudine del contenimento dei costi. Rispondendo alle domande in merito alla sentenza della Corte di Cassazione (IV Sez. penale n°13746/2011) che dispone il divieto di operare pazienti in fin di vita, il primo presidente emerito della Corte di Cassazione Vincenzo Carbone, riprende il codice deontologico dei medici, siglato nel 2007 dalla federazione nazionale, e leggendo il nuovo giuramento, ricorda che questi “possono non ottemperare alle norme dell’ordinamento qualora queste contrastino con gli scopi della professione medica”. E ricorda anche che hanno giurato di “perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'Uomo e il sollievo della sofferenza”.
Questo, afferma Maurizio Maggiorotti (nella foto), presidente di A.M.A.M.I., dimostra che i medici dovrebbero opporsi al costume ormai invalso secondo cui le dimissioni di pazienti vengono decise dai DRG ( che rispondono a logiche economiche) e non dai medici. Infatti, incalzato sulle due sentenze della Cassazione, Carbone con riferimento a quei giudici si lascia sfuggire un ” evidentemente hanno sbagliato” riconoscendo anche un ipotizzabile principio di Inesigibilità nei confronti dei medici rispettosi del loro Giuramento.
Alle domande sull’onerosità di certe cause civili, intentate talvolta con eccessiva temerarietà, contro i medici, Maggiorotti risponde che sarebbe doveroso introdurre l’assicurazione obbligatoria e che le strutture sanitarie dovrebbero stipulare polizze che tengano indenni i medici che lavorano per loro e soprattutto per quei casi in cui il loro operato è in ossequio alle linee guida. “E’ giusto che il medico che ha sbagliato debba pagare”, continua Maggiorotti, “ma se nessun errore viene commesso o ci si limita ad adeguarsi alle linee guida non si capisce perché a rimetterci debba essere sempre e comunque il medico oltre che il paziente”.
Ancora Maggiorotti, “Se, in quanto cittadino, esco di casa la mattina e con l’auto tampono una persona sana, gli cagiono lesioni colpose e, notoriamente, le assicurazioni sono tenute a mantenermi indenne. Firmiamo il CID e tutto finisce li. Se la stessa mattina, in quanto medico, opero una persona malata che riterrà di citarmi in giudizio per lesioni colpose, magari gli stessi danni del sinistro auto, per la causa civile che ne nasce sono costretto a vendermi casa”. E questo anche perché è prassi dura a morire, oltreché ormai contra legem, l’inaccettabile tendenza giurisprudenziale per cui i medici convenuti in giudizio civile per ipotizzati danni a pazienti, siano costretti alla compensazione delle spese anche quando, dopo i tre gradi di giudizio, siano stati riconosciuti non responsabili dei danni al paziente.